Famiglia

10, 100, mille asili. L’Italia è tutta un nido

Un vero fenomeno sociale: dappertutto spuntano strutture per tenere i bambini di mamme che lavorano. In due anni sono stati creati 7mila posti di lavoro.

di Silvia Vicchi

Un 36% in più, e in soli due anni e mezzo. Sta tutto in questo dato il boom degli asili privati. In Italia, dal 2000 allo scorso mese di giugno, nidi e materne non statali hanno conosciuto un aumento medio di oltre un terzo, che in Lombardia e Abruzzo ha sfondato il 100%, con un giro di affari di 190 milioni di euro, e la creazione di 7mila nuovi posti di lavoro.
A sorpresa, è il Sud a tirare la volata: in Campania i nidi privati sono 3mila, il 25% del totale italiano. Seguono Sicilia e Puglia, con 330 e 293 istituti. Vere e proprie aziende ad alto impatto sociale, che fatturano tra i 60mila e i 2 milioni di euro, e sono gestite 9 volte su 10 da donne. Come Antonella Russo, che vive a Palermo, dove dirige l?istituto Jean Piaget, che accoglie 40 bambini, con orari elastici, cercando di trasmettere una cultura dell?asilo come luogo di crescita, non come parcheggio a misura di genitori. “In una città che vive di abusivismo, dove spesso i piccolissimi sono inseriti in materne prive di servizi idonei, dove ottenere permessi è un?avventura, il nostro è un successo”, dice soddisfatta.
A livello nazionale, gli asili privati coprono oltre un quinto dell?offerta, sintomo del vuoto di servizi per l?infanzia. In alcune regioni l?incidenza del privato è più alta, come in Veneto (52%), Campania (53%) e Calabria (45%). Problema risolto, quindi? Non proprio, perché l?elevato costo del privato impedisce di considerarlo una vera alternativa, e le domande d?iscrizione ai nidi (pubblici e privati) rimaste inaccolte è comunque molto elevata: un terzo dei bambini italiani, secondo l?Eurispes, è in lista di attesa.

Il modello Trentino
Qualche soluzione c?è. In Germania, ad esempio, ma anche in Trentino, è diffusa la tagesmutter, mamma a giornata, che oltre a prendersi cura dei propri bambini si occupa anche di quelli degli altri. Si tratta di un servizio che offre flessibilità di orari e costi ragionevoli: 1,5 euro all?ora per 40 ore settimanali o 1,7 euro per 20 ore, più il pasto, che va dai 4 ai 7 euro. Intanto, nel nostro Paese proliferano le esperienze del non profit. “L?interesse è alto, anche se ci sono ancora stretti vincoli sui requisiti”, conferma Ugo Comaschi, responsabile nidi della Federazione opere educative della Compagnia delle Opere. “In Trentino, per esempio, dopo anni di battaglia si è ottenuto che non fosse necessario il diploma per aprire un nido di questo tipo; a Milano il Comune ha organizzato un corso per abilitare le mamme. Speriamo che si vada in questa direzione, con percorsi di abilitazione diversi dal diploma per aprire maggiori possibilità. Intanto, a un primo incontro organizzato da noi per aspiranti mamme-imprenditrici si sono presentate 300 persone”.
Beatrice è filippina ed è mamma. Dopo un inizio difficile in Italia (lavorava come colf dieci ore al giorno, lontana dal suo bambino) è una delle dodici donne straniere che hanno dato vita, a Bologna, a una cooperativa sociale per la gestione di un servizio ricreativo e di custodia, anche a domicilio, rivolto a bambini italiani e stranieri, in orari non coperti dai servizi di infanzia. “L?idea”, riferisce Marcello Copertino, uno dei coordinatori dell?iniziativa, “è nata dietro agli sportelli di ascolto per stranieri della Caritas diocesana di Bologna, raccolta dal Centro di formazione delle suore Salesiane e dall?Aeca, titolare del progetto” La sfida? Aiutare donne marocchine, nigeriane, filippine, irachene, kosovare, a pensarsi come gruppo e sostenerle in un percorso di appropriazione di sé.
Anche Susanna Mazzocco, come tutte le lavoratrici madri, ha acquisito una particolare sensibilità verso i problemi della famiglia. Lei lavora per l?Istituto Cortivo, alle porte di Padova, in una zona di forte espansione edilizia, piena di coppie giovani, con bimbi piccoli, dove il nido pubblico è ancora una speranza. “Così un progetto di nido aziendale”, racconta, “è diventato per tutti. Oggi possiamo accogliere venti bambini, per il momento senza lista di attesa”.

Modello Farnesina
Il nido aziendale è una risposta consolidata, da parte di numerosi enti e aziende, ai bisogni delle dipendenti con bambini piccoli. Creare uno spazio per i figli rende bene: diminuiscono le richieste per il part time e le assenze dal posto di lavoro.
A Roma, il ministero per gli Affari esteri fu tra i primi ad avere l?intuizione, vent?anni fa. E aprì alla grande. Racconta Elisabetta Beolchini, direttrice: “Abbiamo 80 posti per le mamme che lavorano alla Farnesina. I vantaggi? Si riducono i tempi di accompagnamento, si azzera l?ansia, si permette un prolungato allattamento al seno”. Di impostazione montessoriana, costa assai meno di un nido privato o di una tata. Paga il ministero, e alle mamme è chiesto solo un piccolo contributo.

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